Informazioni e utilità

DOMANDE FREQUENTI

A cosa serve una psicoterapia?

Cosa sono i sintomi?

Quali sono i sintomi della depressione?

Depressione: causalità lineare o multifattorialità?

Perché mi è capitato?

Psicofarmaci sì o no?

Dottoressa, mi può aiutare... ?

A cosa serve una psicoterapia?

La psicoterapia non serve solo a guarire da un sintomo, ma aiuta soprattutto a conoscersi meglio: è un vero e proprio corso di laurea in sé stessi. Il terapeuta lavora come una guida esperta che intraprende insieme al paziente un cammino sconosciuto ad entrambi, finché il paziente imparerà a cavarsela da solo. Per me il paziente è un Essere Umano in senso olistico, un’inscindibile unità di psiche e soma.

Cosa sono i sintomi?

I sintomi sono il segno di un profondo disagio interiore, il grido di aiuto della psiche, che fa di tutto per essere ascoltata e compresa. Non bisogna quindi soffocarli o cercare di andare avanti facendo finta di niente. È auspicabile provare, con la collaborazione di uno specialista, ad ascoltarli e ad interpretarli.

Quali sono i sintomi della depressione?

La sintomatologia della depressione varia in funzione della tipologia dei sintomi e per la quantità della sofferenza che essi producono.

Sintetizzando: si è immersi nella più profonda tristezza, fino a vivere nella disperazione; mancano la voglia e la capacità di godere della vita. La qualità del sonno non è buona, si può avere insonnia o, al contrario, ipersonnia, si tende cioè a dormire moltissimo. Spariscono tutti i desideri, per esempio manca la voglia di uscire di casa, di incontrare gli amici, fino a sentirsi vuoti ed impotenti. Si può diventare suscettibili e rancorosi, al punto di litigare con tutti. Ogni evento viene percepito come negativo. Diminuiscono le capacità di concentrarsi e di lavorare. Ci si può sentire in colpa per ogni cosa.

Talvolta a questi sintomi si uniscono quelli riconducibili a forte angoscia, percepibile fisicamente, ad esempio, con senso di chiusura dello stomaco, sopratutto al mattino.

Il sintomo più grave è quello del desiderio di suicidarsi, accompagnato dall’ideazione del modo di farlo.

Da sola la persona che ne soffre può non accorgersene, perché la sua consapevolezza può essere soffocata dalla sofferenza, ma se le vengono fatte le domande giuste in maniera tale da non farla sentire in colpa, ne diventa consapevole.

Depressione: causalità lineare o multifattorialità?

L’essere umano è molto complesso, e, a sua volta, vive in un ambiente (intendendo per ambiente l’ambiente fisico, le persone che lo circondano e le sue esperienze), molto complesso.

Il cambiamento dell’equilibrio di una persona oggi non è più visto in termini di unica causa che determina un unico effetto (causalità lineare), ma di più fattori che interagiscono(multifattorialità). In quest’ottica i cambiamenti - dal banale raffreddore all’insorgenza di una malattia genetica - sono determinati da un insieme di fattori di importanza differente, molti dei quali non si conoscono ancora perché non si sono inventati strumenti adatti a evidenziarli.

Un esempio. Due gemelli omozigoti - ovvero che possiedono lo stesso patrimonio genetico - hanno il padre e alcuni parenti paterni affetti da schizofrenia. Uno dei gemelli, all’età di 18 anni, diventa schizofrenico; l’altro no. Questa differenza evolutiva è dipesa dalla complessa interazione tra:

- l’insieme dei fattori ambientali: educazione, relazioni affettive, eventi stressanti;

- il modo in cui ognuno dei due ha risposto all’ambiente;

- fattori ancora sconosciuti.

Per quanto riguarda la depressione, è vero che i soggetti depressi hanno un assetto neuroormonale (serotonina, dopamina, endorfine ecc.) differente da coloro che non lo sono, ma nessuno studioso ancora sa dire se la diversità di tale assetto è una delle concause del cambiamento o l’effetto del cambiamento o entrambe le cose.

In conclusione: le differenti modalità di essere depressi, dalla profonda tristezza che si sperimenta dopo la morte di una persona cara, alla depressione che porta al suicidio, si manifestano sempre in seguito all’interazione unica e non riproducibile tra l’estrema complessità della singola persona, unica e irripetibile, e un insieme di più fattori, che non si presenteranno mai più allo stesso modo.

Perché mi è capitato?

Scoprire il senso della vita, della sofferenza, della morte, è il più nobile compito che ci è dato. Una ricerca continua, un cammino da percorrere soli e in compagnia, dentro e fuori di noi. Penso sia utile e costruttivo considerare il manifestarsi di una problematica psicologica come la dolorosa richiesta di attenzione nei confronti di una fondamentale esigenza dell’essere umano: quello che Jung chiama il "Processo di individuazione".

Quando tale processo è stato soffocato o deviato dall’ambiente, può succedere che una persona viva un periodo doloroso di crisi. Il termine crisi deriva dal greco antico e vuol dire decidere, giudicare; per estensione significa opportunità per scegliere, occasione per cambiare, possibilmente in meglio. Considerandola in quest’ottica, la crisi è un’opportunità di crescita.

Psicofarmaci sì o no?

Credo che una cura psicofarmacologica, se non viene affiancata da una psicoterapia, serva a poco. Usando una metafora, sarebbe come dare un’aspirina a una persona che ha la febbre: la febbre diminuisce, ma la causa della febbre non viene curata.

Se invece è data con l’intento di distanziare il paziente dalla propria sofferenza in modo da permettergli di effettuare un percorso psicoterapeutico, sicuramente è un valido aiuto.

Gli psicofarmaci vanno prescritti da un medico, meglio da uno psichiatra, che è un medico specializzato in grado di capire, dopo un colloquio, se a un determinato paziente serve o meno uno psicofarmaco, quale tipo di psicofarmaco va dato, e in quali dosi.

Dottoressa, mi può aiutare... ?

Mi piace più pensare a una collaborazione. Fra i tanti, tre mi sembrano i fattori essenziali che permettono la buona riuscita di una psicoterapia.

Il terapeuta deve essere preparato non solo a livello teorico, ma anche a livello pratico. Dovrebbe aver fatto almeno un percorso psicoterapeutico individuale e una serie di supervisioni nei primi anni di lavoro.

Il paziente deve essere seriamente motivato al cambiamento e deve mettere in conto che i tempi di una psicoterapia sono lunghi.

Infine ecco il fattore più importante: tra paziente e terapeuta si deve arrivare a raggiungere un rapporto di reciproca fiducia, a livello conscio e inconscio. Ciò avviene non forzatamente, ma in maniera spontanea. Possono volerci poche sedute o moltissime, anche più di un anno. Può anche succedere che, nonostante paziente e terapeuta soddisfino i primi due criteri, la loro relazione non funzioni. Dipende da come si incontrano le loro personalità.